il signoraggio e la dittatura dell'incompetenza

Secondo Foucault, il parresiasta è
Colui che dice tutto quello pensa [...] Qualcuno è detto parresiasta e merita considerazione come parresiasta solo se, nel dire la verità, egli corre un rischio. [...] Quando un filosofo si rivolge al sovrano, o a un tiranno, e gli dice che la sua tirannia è spiacevole e disturbante perché la tirannia è incompatibile con la giustizia, allora il filosofo sta dicendo la verità, è sicuro di dire la verità e, sopratuttto, si prende un rischio. [...] L'ultima caratteristica del parresiasta è questa: dire la verità è visto come un dovere. L'oratore che dice la verità a coloro che non possono accettarla e che, per questo, potrebbe ad esempio essere esiliato o punito in qualche modo, è libero di rimanere in silenzio. Nessuno lo forza a parlare, ma egli sente che farlo è il suo dovere."
E' forse con in testa le illuminanti parole pronunciate dal grande filosofo nel 1984 al Collège de France che Carlo Sibilia, deputato del Movimento 5 Stelle classe 1986, ha preso la parola in Parlamento alle ore 16:45 del 21 Maggio 2013.

E' infatti proprio come un parresiasta, che dice la verità mettendo a nudo il potere, che Sibilia, una laurea in biotecnologie e un passato da informatore scientifico(qualunque cosa questo voglia dire nel suo caso), si rivolge al "signor Letta" alla vigilia del Consiglio Europeo.


Allora, proviamo a spiegarlo noi cosa ha in mente sul serio il Consiglio europeo con l'istituzione dell'UEM. Gli obiettivi sono tre: spezzare il nesso tra banche e Stati, promuovere un quadro finanziario integrato, attivare una politica di assorbimento degli shock economici a livello centrale, centralizzando i poteri di controllo attraverso il MES, Meccanismo europeo di stabilità.
[...]
Ora non polemizziamo sul fatto che queste siano o meno le priorità dei cittadini europei, però analizziamo il primo punto: spezzare il nesso tra banche e Stati. Ebbene, signor Letta, mi spiega qual è il nesso tra banche e Stati oggi? Mi spiega qual è questo nesso, se la Banca centrale europea è di fatto di proprietà delle banche centrali nazionali. Diremmo benissimo se le banche centrali nazionali fossero di proprietà dei cittadini, dello Stato, peccato però che le banche centrali nazionali siano di fatto – e ci tengo a precisare, di fatto – banche di proprietà di istituti di credito privati.
Il buon Sibilia parte insomma con uno dei cavalli di battaglia della "controinformazione" all'italiana: la BCE è privata e, in quanto tale, persegue obiettivi di una élite di potenti, che sono ben diversi da quelli dei cittadini europei. Questa élite è ovviamente rappresentata dal Gruppo Bielderberg: 
club di cui lei [Letta, ndr], il suo predecessore Mario Monti, Emma Bonino, guarda caso Ministro degli affari esteri, e Mario Draghi, guarda caso direttore della Banca centrale europea, fate parte
Non mi voglio qui concentrare sul club Bielderberg e le strategie di dominio del mondo di un piccolo gruppi di illuminati - rimando in generale alla lettura de "Il Pendolo di Foucault" di Umberto Eco. 
Quello che è più interessante è che, come noto ma forse non abbastanza, la storia della BCE privata è ovviamente una bufala.
A detta dell'articolo 13 del Trattato sull'Unione Europea la BCE, così come le altre banche nazionali, è infatti un istituto di diritto pubblico. Inoltre, per le disposizioni dell'articolo 129, 141 e 283 del TFUE, articolo 9.3, 10.1 e 44 dello Statuto, gli organi decisionali della BCE sono così composti:
Consiglio Direttivo: comprende i membri del comitato esecutivo della BCE nonché i governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro.
Comitato Esecutivo: comprende il presidente, il vicepresidente e quattro altri membri. Questi vengono selezionati dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata, su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del Parlamento europeo e del consiglio direttivo della Banca centrale europea. 
Consiglio Generale: Il consiglio generale, in quanto terzo organo decisionale della BCE, esiste se e fintantoché vi siano Stati membri con deroga, cioè che non hanno ancora aderito all'euro.
Ora, per fugare i dubbi circa la "proprietà privata della BCE", basterebbe sapere che è il Consiglio Europeo a selezionare i membri del Comitato Esecutivo, e sapere che il Consiglio Europeo è a sua volta composto dai capi di stato o di governo dei Paesi membri dell'Unione Europea(eletti dal popolo, quindi) ed è presieduto da Herman Von Rompuy (un altro membro Bilderberg!!!!), nominato dal Consiglio Europeo stesso a maggioranza qualificata.
Tuttavia, come ogni anti-cospirazionista che si rispetti, il Sibilia vive in un mondo di sfumature che fanno la differenza, di sottili circonvenzioni che solo una mente sveglissima può identificare ed esporre alla luce, strappandone il velo di Maya. E' per questo che il Sibilia afferma la BCE è "di fatto" - e non "di legge" - posseduta dalle banche private. In che modo? Tra gli scroscianti applausi del suo gruppo parlamentare, ecco che il Nostro chiarisce il mistero. Negli organi direttivi della BCE siedono i rappresentati delle banche centrali nazionali, a loro volta possedute da privati: 
L'esempio è la Banca d'Italia, che non è di proprietà dei cittadini italiani, come il nome potrebbe lasciar pensare, bensì è di proprietà di Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, Assicurazioni Generali: tutte Spa e tutte trasparentemente elencate sul sito della Banca d'Italia, attraverso questo documento.
Chiaramente, anche questa è una bufala. Sia chiaro, è vero che il capitale della Banca d'Italia, che ammonta - udite udite - a ben 156.000 euro, è posseduto da privati per il 94,33%. Tuttavia, la cassazione, con la sentenza 16751 a sezioni unite del 21 luglio 2006, ha affermato che la Banca d’Italia “non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico secondo l’espressa indicazione dell’articolo 20 del R.D. del 12 marzo 1936 n.375“.
Ora, qual è il ruolo dei soci privati di Bankitalia? Essi hanno un diritto di voto non proporzionale alla loro partecipazione azionaria che utilizzano per a) approvare ill bilancio e la nomina del Consiglio Superiore, che svolge funzioni amministrative, e b) partecipare al processo di nomina dei membri del Direttorio e del Governatore, che esercitano il potere di vigilanza. Inoltre, essi c) ricevono dividendi per un importo fino al 6% del capitale e, su approvazione del Consiglio Superiore, un ulteriore 4% del valore nominale del capitale. Non sembra trattarsi insomma di un potere - né di una posizione di rendita (pari a circa 60 milioni di euro l'anno) - sostanzialmente dirimente. Senza contare che la partecipazione azionaria di questi enti risale a un periodo storico in cui molti di essi erano pubblici (e la Banca d'Italia un'istituzione di diritto privato, com'è stata prima del 1936).
Ma la economic illiteracy di Sibilia certo non si ferma qui. Ed ecco che il Nostro prosegue dritto sulla sua strada di disvelamento:
Quindi, è come dire che dei soggetti privati siano proprietari della nostra moneta e ce la prestino richiedendola indietro con l'interesse. Ma se la moneta è dei cittadini, degli Stati, allora perché ce la prestano? Ha mai sentito parlare di signoraggio bancario, signor Letta? 
Ora, al di là della lotta coi congiuntivi, è pure possibile che Letta non sappia cosa sia il signoraggio bancario - ma certo non è giustificabile che sia il parresiasta a non saperlo.
Il signoraggio è concetto antico e peraltro non particolarmente complicato. Esso si riferisce al flusso di reddito che il "signore" riceve per il fatto di emettere moneta.
Le prime forme di signoraggio si hanno in ancien régime, quando era facoltà del sovrano, in un contesto di moneta metallica in cui convivevano varie monete le une a fianco alle altre, di stabilire una tariffa - che definisse il potere liberatorio di ciascuna moneta nei termini di una unità di conto comune e "immaginaria". Il sovrano aveva un margine di discrezionalità in questa operazione (le monete non avevano impresso il loro valore al contrario di quanto succede per le moderne banconote) e poteva dunque assegnare a una data moneta un valore diverso dal suo valore commerciale, ossia dall'intrinseco in esse contenuto, guadagnando un "signoraggio".
A questo guadagno del sovrano, tuttavia, non corrisponde la perdita di nessuno. Il punto da comprendere, infatti, è che proprio grazie al signoraggio un puro obolo di metallo veniva trasfromato in moneta, ossia diveniva un mezzo di scambio pubblicamente accettato in virtù della garanzia di validità impressa dall'intervento pubblico. Senza questa "fiducia pubblica" nei confronti della moneta, essa non avrebbe insomma potuto circolare come mezzo di pagamento.
In tempi moderni, il signoraggio bancario risponde a criteri solo leggermente diversi. L'ex banchiere centrale degli Stati Uniti, Alan Greenspan, ha definito il signoraggio come la differenza fra l'interesse che la banca centrale non paga sui suoi debiti e quello che la banca riceve usando i suoi debiti per comprare debiti altrui. Enti pubblici e privati infatti vendono titoli di debito alla Banca Centrale, sui quali pagano un interesse, in cambio di moneta che utilizzano per le proprie transazioni - ma la Banca Centrale non paga alcun interesse sui propri passivi.
Ora, secondo Sibilia:
Gli istituti privati stampano moneta cedendola in prestito e richiedendo una restituzione con interesse, per creare questa spirale di stritolamento che si chiama debito.
Se fosse così, la moneta sarebbe un asset per la Banca Centrale e una passività per i cittadini. La moneta, invece, è un debito per la Banca Centrale che, prima dell'introduzione della circolazione forzosa a partire dal 1973, era costretta a scambiarla con oro ogni qual volta un possessore di moneta (cioè qualunque cittadino) lo richiedesse.
Il signoraggio nasce dal fatto che la Banca Centraleinduce gli agenti economici a utilizzare i suoi debiti come valuta - ossia come mezzo di scambio per i loro affari. E questo accade proprio perché la definizione della Banca Centrale come istituzione pubblica garantisce che la banca non possa fallire e che, di conseguenza, il debito che emette continuerà a circolare in un lasso di tempo più lungo degli orizzonti di ognuno degli individui che lo utilizzano.
In questo contesto, l'obiettivo di mantenere l'inflazione sotto determinate soglie è proprio volto al mantenimento del valore delle banconote in mano ai creditori della banca, ossia al puntellamento di quella fiducia pubblica nei confronti della validità della moneta stessa.
Ma Sibilia queste cose non le sa e quindi continua:
Il Consiglio europeo è responsabile di un'Europa non fondata sui diritti, non fondata sulla solidarietà tra i popoli, ma di un'Europa fondata sul debito; debito come strumento di schiavitù degli Stati.
Non è facile capire a cosa egli si riferisca in questo particolare punto del suo intervento. Tuttavia, è possibile che egli faccia riferimento al rapporto tra Banca Centrale e Stati nazionali che ha caratterizzato almeno i primi tre decenni del secondo dopoguerra.
In quel periodo, e prima che la dottrina monetarista ispirata da Friedman prendesse piede, le banche centrali intervenivano massicciamente sul mercato primario acquistando titoli di Stato - sui quali quest'ultimo pagava tassi di interesse solitamente concertati con la Banca Centrale. In questo modo, esisteva un forte incentivo all'accumulazione di stock di debito da parte del settore pubblico, nonché alla stampa di moneta da parte della Banca Centrale. In questo meccanismo, una vera e proprio "tassa da inflazione" faceva deteriorare il valore dei titoli dei creditori, come quelli dei cittadini che compravano titoli di stato sul mercato secondario, e migliorare la posizione dei debitori, come appunto lo Stato. C'è una vasta letteratura economica sul tema, mi limiterò a rimandare Sibilia a Mankiw (1987) e Grilli, Tabellini e Masciandaro (1991). Leggili, mi raccomando! 
L'accumulazione di debito legata a tali regimi di incentivi si è poi riflessa in finanze pubbliche scarsametne sostenibili nel lungo periodo e ad attacchi speculativi sotto forma di elevati tassi di interesse richiesti sui mercati internazionali in particolare una volta che, come successo in Italia con il divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia del 1981, le banche centrali hanno smesso di acquistare titoli pubblici sul mercato primario valutando maggiormente la propria indipendenza dal potere statale. A partire dagli anni 1980, peraltro, i redditi da signoraggio delle banche centrali diminuiscono e i paesi periferici europei aumentano il proprio rapporto debito-PIL anche in virtù degli alti tassi prevalenti sui mercati.
Ora, a questo punto Sibilia deve a se stesso - prima che a noi - un chiarimento. Se infatti Sibilia fosse contrario al regime del signoraggio e del rapporto incestuoso tra banche centrali e stati nazionali, assumerebbe una posizione "friedmaniana" e dovrebbe quindi essere favorevolmente inclinato verso l'attuale ruolo che la Banca Centrale Europea sta svolgendo nella crisi. Ma un Sibilia à la Schauble facciamo fatica a immaginarlo. E, infatti, non è affatto contento della gestione della crisi. Rivolgendosi a Letta, infatti, lo esorta:
Dica, da parte nostra, che l'Italia rifiuta il Meccanismo europeo di stabilità, un mostro giuridico e anticostituzionale. Gli dica, da parte nostra, che riteniamo questa politica di scatole cinesi, austerity, fiscal compact, Patto di stabilità, non essere la politica dell'Italia.
Insomma Sibilia, e con lui il gruppo del Movimento 5 Stelle che lo sostiene con applausi a scena aperta, non sta da una parte né dall'altra. E qui si chiarisce meglio la posizione del Movimento. Che è una posizione nettamente antieuropeista - con in più un accento di disprezzo verso le (in questo caso incolpevoli) scatole cinesi. La retorica della "Europa dei popoli" e il rifiuto del rilancio del processo di integrazione avvicina Sibilia alle posizioni di Alba Dorata, ormai terzo partito greco, e dell'UKIP, partito indipendentista in netta ascesa in Gran Bretagna. O, più semplicemente, all'euroscetticismo leghista. Sibilia propone infatti una soluzione autarchica alla crisi europea:
Dica, da parte nostra, che l'Italia ha bisogno di visione politica, e non di riforme imposte dall'Europa, come egli stesso auspicava. Dica che, in merito all'evasione fiscale, ci prenderemo subito gli 80 miliardi evasi dal circuito delle slot machine. Dica che sigleremo convenzioni in favore della trasparenza bancaria con i paradisi fiscali di tutta Europa, che generano evasione per decine di miliardi di euro e con i quali siamo stati sempre fin troppo tolleranti, se non protettivi. E dica anche, visto che c’è, che ripristineremo il reato di falso in bilancio.
E' chiaro anche a un bambino che, se la pars destruensdell'intervento è un mezzo disastro, la pars costruens non migliora le cose. Essa è infatti un miscuglio di cose irrealizzabili (recuperare una tantum un'evasione pluriennale di enormi dimensioni) e altre che possono essere implementate solamente attraverso una fortissima coordinazione e cooperazione a livello europeo e internazionale (come la lotta ai paradisi fiscali), proprio quella che Sibilia e il Movimento rifiutano.
E quindi mi tornano alla mente le parole che Amedeo Balbi ha scritto recentemente in riferimento all'effetto Dunning-Kruger - quello per cui gli incompetenti tendono a sopravvalutare le proprie capacità - in un vago riferimento al caso italiano:
Poi magari — ma sarebbe una sciagura, non voglio nemmeno pensarci — pensate se tanti incompetenti si mettessero in contatto tra loro e formassero un gruppo, una rete, e su quella rete potessero trovare supporto a qualunque argomento sballato scaturito dalla propria incompetenza, e quella rete diventasse sempre più grande, e magari tutti questi incompetenti riuniti finissero per convincersi e sostenersi a vicenda, rafforzandosi nella convinzione che chi non la pensa come loro è in malafede, è corrotto, è al soldo di qualche oscuro potere, e che le evidenze contrarie sono fabbricate, manipolate da misteriosi gruppi di interesse. Magari, ma dico così, per assurdo, potrebbero persino arrivare a pensare di essere in grado di governare una nazione.
Eccoci qua, una nazione governata dalla dittatura dell'incompetenza. Perché se è vero che il Movimento 5 Stelle langue nelle proposte di legge, e assume posizioni per lo più inconsapevoli e pericolose, è anche vero che gli altri partiti si azzuffano su temi che sono totalmente avulsi dalla realtà sociale del momento.
Ed è questo il vero dramma: che di fronte a una politica - per dirla con De Rita - a basso merito e zero ambizioni, totalmente incapace di risolvere i problemi del Paese, il Movimento alternativo, che è sorto da queste ceneri, non ha minimamente idea di cosa fare per uscirne.

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